lunedì 21 novembre 2016

La Gestalt e l'arte di rimontare il carburatore

Da quando ho iniziato la scuola di counseling mi è stato ripetuto più volte che "il tutto è più della somma delle parti".
Un concetto che sto interiorizzando e capendo a fondo giorno dopo giorno, avendo modo di sperimentarlo in prima persona agli incontri della scuola e nel mio vivere quotidiano in una comune con 15 persone.
Durante il convegno 'Abitare la distanza' in un suo intervento Paolo Quattrini ha spiegato con un esempio semplice e chiarissimo questo concetto. 
Prendiamo una macchina con tutti i pezzi di cui è composta, inseriamo la chiave e la macchina parte. Se noi smontiamo il carburatore e lo poggiamo sul cofano abbiamo esattamente gli stessi pezzi di prima (quindi la loro somma è la stessa) ma la macchina non parte.
Questo perché c'è bisogno che tutti i pezzi siano in rapporto gli uni con gli altri, vale a dire montati al posto giusto.
L'essere umano per fortuna è più complesso ed elastico di un'auto; nei rapporti umani: sia con gli altri che tra le varie parti di se stessi, si può operare un'azione di decostruzione e ricostruzione. Altro strumento fondamentale nella relazione d'aiuto.
Io credo che  in questo caso il "carburatore" possa essere rimontato in modi diversi, e che ognuno di questi faccia comunque ripartire la macchina. Sta al consultante, con l'aiuto del terapeuta, individuare la ricomposizione più adatta alla sua situazione.
La parte difficile in questo lavoro è rimontare il carburatore nel modo giusto per il consultante e non per me!
Credo inoltre che operando la scomposizione con mezzi artistici, aumentino le possibilità di ricomposizione rendendo il tutto più stimolante e complicato. Dico questo senza nessuna formazione psicoterapeutica alle spalle, ma partendo dalla mia esperienza che viene dal mondo artistico-creativo.
Cos'è che fa ripartire la macchina, il giusto posizionamento del carburatore o quel tutto che è più della somma delle parti?
Io credo che siano tutte e due condizioni necessarie: il carburatore deve ritrovare il suo ruolo nel meccanismo generale della macchina, ma il riposizionamento è possibile solo dopo che si è dato modo a quel tutto, ad esempio la relazione  tra terapeuta e cliente, di abitare quella distanza citata nel titolo del convegno.
Senza tale distanza non ci sarebbe possibilità di movimento e di intervento e la macchina resterebbe ferma sul bordo della strada.




Matematicamente è un paradosso:
terapeuta+consultante=relazione
relazione>(terapeuta+consultante)
Ma fortunatamente si parla di relazioni umane e non di matematica.

sabato 1 ottobre 2016

Fare, giocare, volare




C'era una volta un luogo lontano lontano dove le case erano fatte di fili d'erba, il pane aveva il sapore di una risata, i cani abbaiavano cantando e le persone sapevano fare cose incredibili. Ma la cosa più eccezionale era il mare! Era fatto di stelle e le sue onde erano solcate da navi di carta. 
A bordo di uno di questi vascelli, il 'Jerry Cornelius II', c'era un bambino di nome Simone.
Era un bambino molto solitario, appena finiti i compiti assegnatigli dal capitano,si ritirava sotto coperta in mezzo a libri e matite.
Intanto sul ponte tutti si davano un gran da fare! C'era chi dipingeva le vele con colori brillanti, chi con dei complicatissimi origami creava sirene e forzieri del tesoro. Qualcuno addirittura ritagliava pesci di carta e li metteva in padella. Insomma ognuno sapeva fare qualcosa di straordinario.
-Anch'io troverò la mia magia!- si ripeteva Simone mentre fantasticava nella sua cuccetta, ovviamente di carta.
Amava moltissimo fantasticare,si divertiva un sacco ad inventare luoghi, persone e animali mai visti prima.
Certe volte immaginava così tante cose che era costretto a prendere appunti per non scordare niente. E così, giorno dopo giorno, disegno dopo disegno, aveva riempito prima la cuccetta, poi tutta la cabina di esseri favolosi. C'erano polipi dai mille tentacoli, cavalli subacquei, enormi farfalle profumate e perfino una tigre senza fine.
Una notte il piccolo Simone fu svegliato da un gran frastuono che proveniva dal ponte superiore.
Simone aveva molta paura, si sentivano incroci di spade, spari di lupara e grida furibonde. Simone non riusciva a muoversi, tanto era spaventato, restava nella sua brandina di carta e tremava piangendo.
Intanto sul ponte infuriava la battaglia; era successo che alcuni marinai avevano imprigionato il capitano e stavano facendo ammutinamento!
Il piccolo Simone era impaurito, ma il capitano gli piaceva, lo trattava bene e faceva sempre in modo che a lui toccasse una doppia razione di gelato quando c'era. Insomma decise che paura o no doveva fare qualcosa, ma cosa?
Strizzò gli occhi forte forte, -Se riesco a immaginare qualcuno che mi possa aiutare forse salverò la nave- pensava, e intanto strizzava di più gli occhi.
All'improvviso dal buio della sua visione apparve un volto: era un giovane uomo con barba e occhiali che aveva qualcosa di familiare e che disse -Simone, tu hai già la tua magia!- Simone trasalì per la meraviglia e chiese -Ma come posso fare? Qual'è la mia magia?-
-Guarda tutti i disegni in questa cabina- disse l'uomo -Basata che tu soffi su ognuno di questi esseri e vedrai!- e detto questo sparì.
Simone fece quello che l'uomo aveva detto e magicamente i suoi disegni presero vita. Adesso aveva un fantastico esercito di esseri immaginari, -Andate a liberare il capitano e mettete in fuga quei furfanti!- ordinò Simone ritrovando un po' di coraggio.
Ci fu una  battaglia epica con trichechi giganti che facevano saltare i rivoltosi, cavalli alati e scimmie con sette teste che si mangiavano le scarpe dei pirati. La battaglia durò cinque giorni e cinque notti, ma alla fine il magico esercito di Simone ebbe la meglio.
Oggi Simone è grande ed è il capitano di quella nave con cui continua a solcare mari di stelle in cerca di nuove magie da disegnare.





martedì 2 agosto 2016

Meditazione del foglio bianco #2

- stanza silenziosa e luminosa
- un incenso 
- un foglio A0
- 2 pennarelli: grosso e fine
- occhi semi aperti / aperti
- durata 1h + 1/2h meditazione ad occhi chiusi

Ancora nessuna immagine, ma non vedere i bordi del foglio aiuta molto a far si che l'occhio si perda nel bianco.
Guardando intensamente, la superficie acquisisce una dimensione "altra", come se non rispondesse alle normali leggi fisiche. Mi sembra di vedere un mare di latte bianchissimo, mosso da leggerissime onde. Sincronizzo il mio respiro col movimento delle onde e qualcosa cambia: entro in quel bianco infinito.
Con uno sforzo di fantasia immagino che sotto quel mare ci siano forme pronte ad emergere per essere disegnate. Ma ancora niente!
Interessante notare che se mi avvicino molto al foglio vedo dapprima la trama della carta, ma poco dopo questa svanisce lasciando il posto ad un bianco uniforme e lattiginoso.


Devo provare con un foglio ancora più grande, o magari davanti ad una parete bianca.

domenica 17 luglio 2016

Meditazione del foglio bianco #1

Primo esperimento di meditazione su foglio bianco.

L'idea è nata all'ultimo intensivo pugliese della scuola. Dopo un bellissimo seminario sul vuoto e sulla meditazione tenuto da Pierluca Santoro ho iniziato ad esplorare l'idea del vuoto fertile.
Tutte le volte che mi siedo davanti ad un foglio bianco mi ritrovo davanti al vuoto. Un vuoto infinito che può comprendere l'intero universo, se io sono capace di disegnarlo.
"Se lo puoi immaginare lo puoi disegnare" diceva Walt Disney; e se lo puoi disegnare puoi riempire il vuoto, aggiungo io.
Da qui l'idea di stare nel vuoto, resistere alla tentazione di disegnare subito qualcosa su quel foglio, lasciare che le prime immagini arrivino e se ne vadano, aspettando di veder emergere qualcosa di più profondo e insolito.

Oggi ho fatto il primo esperimento:
- stanza silenziosa e luminosa
- un incenso 
- due fogli 50x70
- 2 pennarelli: grosso e fine
- occhi semi aperti
- durata 1h

Difficoltà a tener fermo l'occhio. Lo sguardo tende a fuggire e cercare il bordo del foglio.
Continuo a focalizzare lo sguardo sul bianco ma è molto difficile.
Provo a sfocare la vista e il foglio sembra ammorbidirsi sui contorni, mi appare ora come una finestra luminosa ma ancora non affiorano immagini.
Il tentativo di visualizzare volontariamente delle immagini non funziona. Se lo faccio di proposito finisco per vedere sempre le stesse.

Devo provare con un foglio più grande così da coprire tutto il campo visivo.
Devo fare una meditazione ad occhi chiusi più lunga prima di iniziare l'esperimento.

Ci riproverò.
S

venerdì 20 maggio 2016

Autobiografia emotiva di un anno di Gestalt

La freccia dell'auto continuava a lampeggiare nel buio del bosco. Ero incastrato e dolorante e non riuscivo a muovermi. Avevo paura di morire, ero certo che sarei morto.
Quello che mi salvò fu il coraggio di chiedere aiuto, un aiuto che arrivò tanto discreto quanto efficace.
Avrei capito solo mesi dopo che quel gesto di chiedere era solo il primo dei sacrifici narcisistici necessari per uscire dal groviglio di lamiere e ritrovare la strada.

Non basto a me stesso, questo oggi mi è chiaro: ho voglia e bisogno di contatto, di scoprire il mondo dell'Altro. È stato molto difficile capire questo, mi è costato fatica e dolore.
Trasformato in animale ho scoperto di avere gli artigli e di saperli usare, ho scoperto di avere degli istinti e a non averne paura. Ho lottato per il sesso e il territorio e ho vinto.
Ho vinto!

Nel grande calderone ermetico del mio cuore si accese una piccola fiamma, e di li a poco qualcosa avrebbe iniziato a bollire.
Quel poco calore che sentivo nel petto mi convinse a restare su quella strada, e anche se ancora non avevo idea di dove mi avrebbe portato la scoperta del mondo emotivo, decisi di continuare quel cammino. Faticoso, certo, ma sicuramente stimolante ed evolutivo.
Sono passato sotto molte altre porte guidato da persone splendide e sopratutto accompagnato da un gruppo di viaggiatori unici al mondo, ognuno col suo bagaglio di nevrosi, ognuno col suo personale universo che imparo giorno dopo giorno a conoscere ed amare.

Proseguendo questo percorso di esperienze ho imparato a vibrare di una voce interiore trovando la sponda nell'eco degli altri, risuonando con loro ho sentito la mia voce amplificarsi fino a coprire distanze intergalattiche. Una vibrazione calda e piacevole che partendo dal mio petto mi ha fatto "trillare" fino alla punta dei piedi.

Nel calderone ermetico le vibrazioni sgretolavano le croste bruciaticce e appiccicate che tenevano chiuso il coperchio, adesso riuscivo a intuire che dentro c'era veramente qualcosa. Iniziavo a sentire un certo languorino, avevo voglia di assaggiare quel minestrone di emozioni di cui non ricordavo più il sapore.

Penso a quando ero fuori strada e stavo sofferente e immobile nel groviglio di lamiere che io stesso mi ero creato. Penso a questo e mi sembra che un anno sia troppo poco: ho vissuto molto di più in questi dodici mesi.
Persone che definisco magiche si sono succedute e ognuna ha portato qualcosa.
Una guida emozionale mi ha fatto incontrare i miei genitori defunti e ho potuto presentargli la mia nuova vita fatta di libertà e gioia.
Un artista matto e grandissimo è entrato nel mio campo creativo e ha buttato giù i muri portanti; lo ringrazio ancora; adesso ho molto più spazio nel mio atelier.

La temperatura saliva rapida ad ogni incontro e dal calderone ermetico iniziavano ad uscire fumi e profumi in un ribollire di "cose" che non sapevo ancora chiamare emozioni.
Il languorino era diventata fame, non potevo più tornare indietro, dovevo scoperchiare il calderone per potermi nutrire di nuovo.

L'esperienza più forte, quella delle giornate intensive in Puglia, meriterebbe un libro a parte. Dirò soltanto che quei quattro giorni mi hanno profondamente cambiato, è cambiata la mia visione del mondo, il punto di vista, l'ascolto di me e degli altri.

Sempre più convinto della bellezza di questo percorso mi sono affidato di volta in volta nelle mani di terapeuti, ballerine, artisti e altri curiosi personaggi, ogni passo mi ha dato la conferma che la destinazione di questa strada sono proprio io.

Oggi il calderone ha perso il suo coperchio, godo dei profumi che escono e ogni tanto vedo affiorare pezzi di qualcosa che mi pare familiare, cerco di assaggiare ma subito i pezzi ricadono dentro.
Non importa.
I piatti migliori sono quelli con cotture lunghe e lente, devo solo imparare a cucinare e gustare le mie emozioni.

Torno a quel ciglio di strada e guardo la carcassa della mia auto ancora accartocciata contro un albero. Anche la freccia ha smesso di lampeggiare: era decisamente la strada sbagliata.

domenica 21 febbraio 2016

fuori dal cilindro



Il mio corpo è espanso
posso estendermi con il mondo
rispettando i limiti
ma andando dolcemente oltre i confini
Viaggio in incontri con essenze Vitali ove mi consegnano la loro Vitalità
Sono esploratore della mia giovinezza che ha sete di conoscenza

Claudio

sabato 20 febbraio 2016

Ad occhi chiusi

Mi muovo in equilibrio sui miei sogni.
Da fuori centinaia di stimoli scalfiscono la dura scorza del mio cuore, chiuso in se stesso oramai da troppo tempo. 


Sono stato marinaio impegnato a dipanare i nodi della sua rete
Sono stato pescato dal sottomare e portato in mondi nuovi e sommersi
Sono stato abbracciato e mi sono abbracciato
Sono tornato al mondo e adesso sono in ascolto

Simone